«Gli effetti disastrosi dell’approccio ideologico che ha accompagnato la nascita e ha sostenuto finora lo sviluppo del Green Deal europeo sono evidenti nell’azione di ricostruzione e riparazione dell’area del cratere sisma 2016, oltre che sull’automotive e su altri settori economici come ha giustamente evidenziato il Presidente Giorgia Meloni nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Per il regolamento europeo sul ripristino della natura, uno dei pilastri del Green Deal, come Struttura Commissariale dovremmo limitare ulteriormente la presenza dell’uomo sul territorio per dare spazio a un ripristino della natura che in realtà è un inselvatichimento, in quanto la natura
dell’Appennino è frutto di un intreccio millenario con l’uomo, il cui abbandono crea squilibri ambientali e innesca processi di instabilità particolarmente rischiosi per gli effetti degli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici». Si apre così l’intervento del commissario alla Ricostruzione post-sisma, Guido Castelli.
«L’assurdità dell’approccio ideologico del regolamento sul ripristino della natura è evidente – prosegue Castelli -. Le misure indicate, che possono essere utili in altre parti d’Europa, per le nostre montagne vanno nella direzione uguale e opposta agli obiettivi che il regolamento intende perseguire. Con l’abbandono del nostro territorio si otterrà una banalizzazione della biodiversità: per esempio la presenza dell’Aquila reale sui nostri cieli sarà fortemente limitata dalla scomparsa di coltivi e pascoli che sono i terreni di caccia decisivi per la sua sopravvivenza; scomparirebbero piante e insetti fondamentali per i prodotti tipici, un pezzo importante del made in Italy, della nostra storia, della nostra cultura. Ma l’assurdità più evidente è che i terreni non più presidiati da coltivazioni e pascoli, come ci dicono le analisi sulle alluvioni in Romagna e in altre parti del Paese, diventano una massa instabile che amplifica gli effetti devastanti a valle con lutti e danni alle cose e all’ambiente. Si tratta di una condizione che, in Appennino centrale, si va a sommare alla fragilità sismica che, di fatto, inficerebbe i notevoli sforzi per la ricostruzione post sisma. Ma non si tratta solo di difendere il nostro territorio e i nostri interessi ma, come ha chiaramente affermato Giorgia Meloni, di superare una “burocrazia che appesantisce cittadini e imprese con una selva di regole, molte delle quali senza senso e autolesioniste (…) per concentrarsi sulla visione e sugli strumenti necessari a realizzare quella visione” ed è quello che stiamo facendo con il Laboratorio Appennino centrale che intende sviluppare soluzioni che coniughino ambiente e presenza dell’uomo, che abbiamo presentato sia alla COP 28 a Dubai che al G7 Ambiente a Torino e che ora porteremo alla COP 29 a Baku per ribadire con Giorgia Meloni che “non è vero che per difendere l’ambiente e la natura l’unica strada percorribile sia quella tracciata da una minoranza palesemente ideologizzata”. In Appennino centrale stiamo ricostruendo un tessuto già lacerato da dinamiche di spopolamento che il sisma ha accentuato, lo stiamo facendo con le comunità locali cercando di ricostruire le migliori condizioni di vita e di lavoro che sono decisive per un territorio capace di affrontare i rischi climatici e demografici che lo minacciano».
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