di Maurizio Petrocchi *
“Il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’ in un vero e proprio conflitto globale”. Queste parole di Papa Francesco catturano l’essenza di una realtà sempre più preoccupante: la natura ingannevole dei conflitti “limitati”. L’illusione che una guerra possa rimanere circoscritta e breve ha attraversato il XX secolo e persiste nel XXI, con conseguenze devastanti per l’ordine mondiale.
Per comprendere la portata di questa illusione, dobbiamo prima riconoscere che la guerra, come teorizzato da Clausewitz e reinterpretato da René Girard, non è mai un semplice strumento di politica, ma un fenomeno sociale complesso che tende naturalmente all’escalation attraverso dinamiche mimetiche di reciprocità violenta. Questa comprensione teorica si rivela fondamentale per analizzare i pattern storici che continuano a ripetersi nei conflitti contemporanei.
L’Europa della Belle Époque rappresenta l’esempio più eloquente di questa pericolosa illusione. I leader europei, cullati da decenni di relativa stabilità e prosperità, avevano sviluppato una visione quasi romantica della guerra, immaginandola come un’estensione controllata della diplomazia. Questa visione, basata su un’interpretazione selettiva dei conflitti del XIX secolo, ignorava deliberatamente i segnali dell’emergente rivoluzione industriale militare. Il piano Schlieffen, con la sua premessa di una guerra rapida e decisiva, incarnava questa pericolosa semplificazione della realtà bellica, una semplificazione che la carneficina della Prima Guerra Mondiale avrebbe dovuto dissipare per sempre.
Eppure, appena due decenni dopo, l’Europa si ritrovò intrappolata nella stessa rete di autoinganni. La politica dell’appeasement, lungi dall’essere semplicemente un errore di calcolo diplomatico, rappresentava una manifestazione più profonda di questa persistente illusione del controllo. I leader occidentali, convinti di poter contenere le ambizioni territoriali attraverso concessioni calibrate, sottovalutarono drammaticamente la natura interconnessa delle tensioni europee e asiatiche. L’invasione della Polonia nel 1939 e il successivo attacco all’URSS nel 1941 dimostrarono quanto fosse fallace l’idea di poter mantenere i conflitti entro limiti prestabiliti.
Nel panorama contemporaneo, questa illusione assume forme ancora più insidiose. Il Global Peace Index 2024 presenta un mondo caratterizzato da 56 conflitti attivi, ma questo dato numerico non cattura la vera natura della guerra moderna. L’avvento della guerra ibrida ha creato un continuum di ostilità dove le distinzioni tradizionali tra pace e guerra, tra civile e militare, tra interno ed esterno si sono drammaticamente offuscate. La tecnologia digitale, l’interconnessione economica globale e la manipolazione dell’informazione hanno creato nuovi campi di battaglia dove l’escalation può avvenire in modi imprevisti e difficilmente controllabili.
Il conflitto russo-ucraino rappresenta un caso emblematico di questa nuova realtà. Ciò che è iniziato come una cosiddetta “operazione speciale” si è trasformato in un conflitto che ha ridefinito gli equilibri geopolitici globali. Le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Lavrov al quotidiano Hurriyet sono particolarmente allarmanti: affermando che Stati Uniti e Russia sono “sull’orlo di un conflitto diretto”, egli evidenzia non solo la pericolosa evoluzione delle tensioni internazionali, ma anche come le dinamiche strutturali del confronto tra potenze trascendano i cicli politici interni. La sua osservazione sulla continuità della politica anti-russa americana, indipendentemente dall’amministrazione in carica, suggerisce che le tensioni attuali riflettono contraddizioni sistemiche profonde, non semplicemente contingenze politiche. La situazione nell’Est asiatico amplifica ulteriormente queste dinamiche. Le tensioni nei mari Cinese Orientale e Meridionale e nello Stretto di Taiwan si intrecciano inestricabilmente con il conflitto ucraino, creando un complesso sistema di pressioni geopolitiche. La crescente cooperazione militare tra Russia e Corea del Nord, con trasferimenti di armi e dispiegamento di truppe in violazione delle risoluzioni Onu, dimostra come un conflitto apparentemente regionale possa rapidamente trasformarsi in una sfida alla stabilità globale. L’emergere di un ordine multipolare sta rendendo ancora più complessa la gestione dei conflitti. Le potenze regionali, dotate di crescenti capacità militari e tecnologiche, stanno ridisegnando le mappe del potere globale. La competizione per risorse strategiche, influenza politica e supremazia tecnologica crea nuove linee di frattura che potrebbero facilmente trasformarsi in futuri teatri di conflitto. Particolarmente preoccupante è la tendenza verso una “de-sincronizzazione” degli obiettivi di pace, dove le potenze perseguono strategie di sicurezza nazionale sempre più divergenti, riducendo progressivamente la possibilità di raggiungere accordi globali. L’illusione della guerra limitata, pericolosa in ogni epoca, diventa potenzialmente catastrofica nell’era nucleare e della guerra ibrida. Le parole di Papa Francesco sulla “terza guerra mondiale a pezzi” non sono più solo un monito, ma una descrizione accurata della nostra realtà contemporanea.
* docente di storia del giornalismo e media digitali all’università di Macerata, storico ed esperto in conflitti, violenza, politica e terrorismo
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