di Gabriele Vecchioni
Il 21 novembre è la data in cui si celebra la Festa degli Alberi. Fino a poco tempo fa, alla ricorrenza era dedicata maggiore considerazione, con manifestazioni nelle scuole e la messa a dimora di essenze forestali, con la partecipazione di personale dell’allora Corpo Forestale dello Stato, ormai confluito nel corpo militare dei Carabinieri. Oggi c’è minore sensibilità verso questa celebrazione che, pure, meriterebbe maggiore attenzione. Vediamo di ripercorrere, brevemente, la storia di questa festa.
Il Ministero dell’Ambiente ha istituito, con una legge nazionale (n. 10/2013), la Giornata Nazionale degli Alberi, stabilendo per la celebrazione la data del 21 novembre. L’obiettivo era quello di promuovere politiche per la riduzione delle emissioni, la protezione del suolo, il miglioramento della qualità dell’aria, la valorizzazione delle tradizioni legate agli alberi e la vivibilità degli insediamenti urbani.
Iniziative del genere sono in essere fin dalla fine dell’Ottocento: nel 1872 negli Stati Uniti d’America si ebbe il primo Arbor day. L’ “invenzione” dell’iniziativa, dalla quale sarebbero scaturite tutte le altre Feste degli alberi, si deve al Segretario all’Agricoltura Julius Sterling Morton (già Governatore del Nebraska), al quale, negli Stati Uniti, sono intitolate scuole e dedicati monumenti. Consacrare un giorno all’anno alla piantagione di alberi serviva per «creare una coscienza ambientale nella popolazione e incrementare il patrimonio forestale nazionale». Il personaggio che globalizzò la Festa, in pratica “esportandola” in tutto il mondo, fu però Birdsey Grant Northrop, straordinaria figura di educatore e viaggiatore (tra le tante sue attività, una era quella di predicatore).
Venticinque anni dopo l’iniziativa fu ripresa in Europa; in Italia, la prima “Festa dell’albero” fu celebrata nel 1898 per iniziativa di Guido Baccelli, allora Ministro della Pubblica Istruzione. Il Paese presentava una situazione ambientale peggiore rispetto a quella attuale, a causa del sovrasfruttamento del patrimonio forestale della Nazione (la superficie boscata era pari alla metà di quella odierna).
Capo di Gabinetto del ministero retto dal Baccelli era l’ascolano Giuseppe Castelli (1846-1915), già insegnante e prolifico autore di pregevoli pubblicazioni inerenti all’educazione dei giovani e prezioso collaboratore del ministro (dell’Istruzione prima, dell’Agricoltura poi) nella realizzazione della sua idea visionaria. Nella legge forestale del 1923, essa fu istituzionalizzata: l’art. 104 recita che «È istituita la Festa degli alberi. Essa sarà celebrata ogni anno nelle forme che saranno stabilite di accordo fra i Ministri dell’Economia Nazionale e dell’Istruzione Pubblica” con lo scopo di infondere nei giovani il rispetto e l’amore per la natura e per la difesa degli alberi».
La Giornata Nazionale degli Alberi è dedicata alla fondamentale capacità di questi esseri viventi di permettere la proliferazione della vita: assimilano l’anidride carbonica e rilasciano ossigeno, prevengono il dissesto idrogeologico, proteggono la biodiversità. Tutte le regioni italiane sono (o dovrebbero essere) coinvolte in iniziative dedicate a celebrare l’occasione; in alcune città, i festeggiamenti proseguiranno per tutta la settimana a partire dal 21 Novembre.
Accanto alle iniziative per la Giornata Nazionale degli Alberi, si svolgono anche quelle per la Festa dell’Albero, un’iniziativa promossa da Legambiente dal 2008 e che ha radici che affondano nelle antiche tradizioni della nostra cultura. Già nell’antichità i Romani avevano precorso l’odierna festa degli alberi che erano tutelati e conservati anche per motivi legati alla religione: era consuetudine consacrare i boschi al culto delle divinità dell’epoca; la più grande festa silvana in epoca romana era la Festa Lucaria (il termine lucus indicava il bosco), che cadeva il 19 luglio.
Oggi, le campagne annuali delle associazioni che si dedicano all’ambiente prevedono, nei diversi appuntamenti, la piantumazione di alberi, con il coinvolgimento di classi e studenti e rappresentano un importante strumento per creare una corretta coscienza ecologica nelle generazioni future che si troveranno ad affrontare, su scala globale, problemi ed emergenze ambientali sempre nuovi.
In particolare, otto anni fa (l’edizione del 2016) fu dedicata al fenomeno del consumo del suolo, che ancora oggi è al centro di abitudini scorrette come la fortissima tendenza a cementificare disordinatamente i suoli liberi. Dall’analisi del Centro Ricerca sui Consumi di Suolo, sviluppata sui database cartografici europei, che misurano le variazioni di uso del suolo nei Paesi dell’Unione europea, emerge che ogni anno in Italia vengono ricoperti dal cemento almeno 500 ettari di aree forestali; negli ultimi anni, la distruzione di foreste ha proceduto al ritmo di oltre 2.000 ettari all’anno. Una perdita importante, se si considera che nel nostro Paese i terreni forestali sono i maggiori depositi di carbonio: che ogni ettaro contiene l’equivalente di mille tonnellate di CO2 sottratte dall’atmosfera. Molti degli appuntamenti in programma si indirizzeranno proprio in questa direzione, condividendo e approfondendo i contenuti della petizione #salvailsuolo, la campagna di raccolta firme promossa da cittadini europei per chiedere all’Unione una direttiva contro il consumo improprio del territorio.
In un recente report il Fai, Fondo per l’Ambiente Italiano, ha usato un efficace claim: «Il suolo è la pelle del nostro pianeta. Quel sottile strato superiore della crosta terrestre che rappresenta l’interfaccia fra terra, aria e acqua».
Quindi… a tutti gli alberi, Buona Giornata Nazionale e Buona Festa, ricordando, come scrisse Lucy Larcom, poetessa statunitense dell’Ottocento: «Chi pianta un albero, pianta una speranza».
Considerazioni conclusive. Nell’articolo non si fa alcun riferimento al fatto che, oggi, di Giornate (nazionali e internazionali) ce ne sono anche troppe, dedicate ai più disparati argomenti; va però detto che quella descritta è una di quelle importanti, da “recuperare” con manifestazioni e interventi istituzionali, per l’intrinseco valore educativo ad essa connesso.
Senza scomodare Herman Hesse, il suo panpsichismo e le sue splendide riflessioni sui rapporti uomo-albero, facciamo un elenco delle cose che gli alberi fanno per l’uomo, tenendo conto che gli alberi piantati oggi offriranno benefici domani… Sulla stampa (soprattutto quella ideologicamente schierata contro una visione “troppo ambientalista” dell’assunto) cominciano ad apparire (finalmente!) articoli che considerano che sì, c’è un problema che va affrontato: teniamo conto che l’umanità tende in maniera inarrestabile a vivere il agglomerati urbani (ci stiamo avvicinando all’80% del totale) e bisogna tenerne conto.
Le prime azioni positive della presenza degli alberi (foreste urbane e foreste “esterne”) sono il miglioramento della qualità dell’aria, il riequilibrio del clima e la conservazione delle riserve d’acqua. Analizziamo (brevemente) i vari item.
Al miglioramento della qualità dell’aria si arriva grazie al “lavoro” delle foglie: la rimozione della polvere e delle particelle sospese in aria, l’assorbimento di diversi inquinanti atmosferici (come l’anidride carbonica, il monossido di carbonio, il biossido di zolfo) e la produzione di ossigeno, ottenuta grazie al processo di fotosintesi.
La regolazione del clima avviene per l’attenuazione dell’esposizione ai raggi solari (è noto l’effetto ombreggiante delle chiome degli alberi e il controllo della riflessione della luce solare), la riduzione degli effetti del vento e della corrivazione della pioggia.
Infine, la conservazione dell’acqua: l’intercettazione dell’acqua piovana da parte degli alberi diminuisce il dilavamento, l’erosione e, con la riduzione dei già ricordati tempi di corrivazione, riduce il rischio di inondazioni.
Possiamo concludere con le parole di Giuseppe Barbera che nel suo Abbracciare gli alberi (2017) ammoniva: «Nelle strategie internazionali è loro [agli alberi] demandato un ruolo decisivo per il contenimento dell’effetto serra, per la lotta alla fame e alla desertificazione. Piantarli e difenderli non è, quindi, affare soltanto degli arboricoltori, ma di chiunque abbia a cuore il futuro del pianeta».
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