di Cristiano Ninonà
Quando Fabiana Cinti, ostetrica di Porto San Giorgio, ha deciso di partire per una missione in Sudan, sapeva che la sua esperienza e il suo cuore sarebbero stati messi alla prova. Con oltre un decennio di esperienza in missioni umanitarie in Kenya, Tanzania, Madagascar e Nigeria, la sua passione per aiutare i più vulnerabili l’ha spinta a intraprendere questa nuova avventura in una delle zone più difficili e povere del mondo.
L’inizio di una missione coraggiosa
La missione è iniziata con una chiamata a maggio da parte del project manager del progetto, che l’ha invitata a partecipare a un’iniziativa pionieristica. Obiettivi chiari: comprendere i bisogni delle donne e dei neonati di Kassala, lavorare per migliorare la cura ostetrica e creare una rete di formazione per il personale locale. «Come avrei potuto non accettare questo incarico?» racconta Fabiana, con una luce negli occhi che testimonia la sua determinazione.
Un’esperienza di 23 giorni tra sorrisi e sfide
Fabiana è partita il 18 ottobre, accompagnata da un ginecologo di Chieti. Al loro arrivo nel Maternity Hospital di Kassala, lo scenario era chiaro: una struttura sovraffollata con spazi ristretti, pochi elettromedicali funzionanti e condizioni igieniche precarie. Eppure, quello che per gli occhi occidentali può sembrare caotico, per le ostetriche e i medici locali è semplicemente la quotidianità.
«Rimasi incredula vedendo come un ospedale del genere potesse accogliere 12.000 parti l’anno, circa 60 al giorno», racconta Fabiana. Mosche, grilli e gatti popolavano le sale, ma il personale lavorava instancabilmente. «Alla fine, anche io mi ero abituata a quella ‘perfezione’ così diversa dalla nostra realtà ospedaliera».
La forza del contatto umano
Una delle esperienze più toccanti per Fabiana è stata il parto di una ragazza di 15 anni, terrorizzata e irrequieta. Con grande pazienza, Fabiana è riuscita a creare un legame di fiducia con lei, permettendo alla madre della giovane di entrare in sala, un gesto contro le regole, ma profondamente umano. «Il neonato pesava 1.600 grammi, un piccolo guerriero che lottava con tutte le sue forze per vivere», ricorda. Questi neonati, sostiene Fabiana, hanno una resilienza innata, come se fossero consapevoli delle sfide che li attendono fin dai primi istanti di vita.
Superare le barriere culturali e lingua comune
Amalgamarsi in un gruppo di ostetriche che parlavano solo arabo è stata una delle sfide più grandi. Ma Fabiana ha trovato un linguaggio universale: quello emozionale. «Sorrisi, sguardi, abbracci, lacrime e il dolore non hanno barriere linguistiche», spiega. La sua comprensione della cultura locale e la lettura del Corano, consigliata da una mentore incontrata in Kenya, l’hanno aiutata a guadagnare la fiducia del team e a collaborare nel rispetto delle tradizioni.
Un’eredità di insegnamenti e apprendimenti
Durante la missione, Fabiana ha condiviso tecniche ostetriche moderne, contribuendo a migliorare la qualità delle cure. Ma è stato il team locale a insegnarle una lezione preziosa: l’importanza dell’esserci. «Ogni nascita è celebrata come un evento straordinario, con famiglie che aspettano fuori, sedute a terra per ore, per accogliere la nuova vita». Questa capacità di stare insieme, prendersi cura e celebrare ogni momento è qualcosa che, secondo Fabiana, in Europa stiamo perdendo.
Riflessioni e il futuro
Nonostante le sfide, la stanchezza e i momenti di difficoltà emotiva, Fabiana non ha dubbi: è pronta a ripartire. «L’esperienza in Sudan mi ha arricchita e mi ha mostrato la bellezza dell’aiutare e del condividere. Non importa se sei un professionista sanitario o no, il messaggio è lo stesso: fermatevi, ascoltate e siate presenti. Solo così possiamo scoprire il valore profondo di esserci».
Le sue parole risuonano come un invito universale, che va oltre la sanità e tocca le corde dell’umanità. Fabiana Cinti ha dimostrato che, anche nei luoghi più difficili, la forza di un sorriso e la dedizione possono cambiare vite. E l’Italia aspetta con orgoglio il racconto della sua prossima missione.
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