Il sito di Comunanza della Beko produrrà fino alla fine del 2025 e poi prenderà il via la reindustralizzazione. La nuova proprietà turca lo ha comunicato al Ministero delle Imprese.
E’ quello che temevano le maestranze dello stabilimento ex Whirlpool a Comunanza che vedono il proprio futuro tingersi di nero. La stessa sorte riguarda anche il sito industriale Beko di Siena.
La reindustralizzazione porterà alla cessazione della produzione di frigoriferi e lavatrici in queste sedi. Anche il sito di Cassinetta (Varese) subirà riduzioni, con una presentata della produzione di frigoriferi e il mantenimento di quella riguardante i forni da incasso
Le misure coinvolgeranno circa 2.000 esuberi, di cui 1.200 in produzione. Per lo stabilimento di Comunanza si tratta di 320 esuberi. La decisione è influenzata dal calo della domanda in Europa e dalla concorrenza asiatica. Beko ha annunciato un investimento di 110 milioni sugli stabilimenti italiani, ma resta da verificare l’efficacia del golden power esercitato dal governo per tutelare l’occupazione e la sicurezza dei dati raccolti dai dispositivi connessi.
«Beko Europe ha sostanzialmente ufficializzato la chiusura dello stabilimento di Comunanza a fine 2025. Una decisione tragica che non può essere accettata nella sostanza come nel metodo – commenta l’on. Augusto Curti – Grave l’assenza del Ministro Urso al tavolo fissato con i sindacati; il Governo ha infatti il dovere di presidiare le trattative, mettendo in campo tutti gli strumenti normativi e politici necessari per scongiurare questo atto di violenza, nei confronti di un territorio già martoriato dal sisma. In questo senso non sono più ammissibili le mezze verità sul tema del Golden Power, il cui perimetro e la cui operatività vanno definitivamente resi noti».
Il ministro Adolfo Urso ha cercato di rassicurare, evidenziando che «il fatto stesso che in questi mesi abbiano annunciato la chiusura di altri stabilimenti in Europa, mentre in Italia sono al tavolo di confronto con i sindacati e con le regioni, garantito e presieduto dal ministero, ci deve dare più serenità».
«La chiusura dello stabilimento Beko a Comunanza rappresenta un durissimo colpo per la nostra regione, e in particolare per le aree interne che continuano a pagare il prezzo di scelte industriali irresponsabili e di una politica economica miope» commenta Anna Casini, capogruppo PD Marche. «Comunanza non è solo un polo produttivo, ma anche una comunità che negli ultimi anni ha affrontato con coraggio le conseguenze del terremoto, dimostrando una resilienza straordinaria. L’abbandono da parte di Beko sarebbe un tradimento per questo territorio e un’ulteriore ferita per le Marche».
Casini chiede con forza alla Giunta regionale e al Governo nazionale di intervenire immediatamente per scongiurare la chiusura e salvaguardare i posti di lavoro. «Non possiamo accettare che multinazionali approfittino del nostro territorio per poi abbandonarlo senza alcuna responsabilità sociale. Le istituzioni non possono rimanere a guardare. Avevamo già presentato un’interrogazione in consiglio regionale, ma viste le evoluzioni di queste ore, seguiranno altre azioni».
«La decisione di Beko di chiudere lo stabilimento di Comunanza è una notizia drammatica per il nostro territorio, che non può e non deve passare sotto silenzio» afferma la segreteria provinciale del PD Piceno «Si tratta di un colpo gravissimo per i lavoratori, le loro famiglie e tutta la comunità della provincia di Ascoli».
Il PD Piceno chiede con forza al Governo e alla Regione Marche di attivarsi immediatamente per trovare soluzioni concrete e durature. «Non possiamo permettere che una multinazionale abbandoni questo territorio senza un piano per la riconversione industriale e la tutela dei lavoratori, né ci si può permettere un’azione del governo così debole» sostiene il segretario Francesco Ameli. «Come partito saremo al fianco delle istituzioni che sceglieranno di difendere il Piceno. Difendere Comunanza significa difendere l’intera provincia, le nostre montagne e un modello di sviluppo che non lascia indietro nessuno, a partire dai territori più fragili».
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