Nel consueto appuntamento con Reuma-On Air su Radio Fm1, ieri si è parlato delle malattie reumatiche e dell’importanza della comunicazione tra medico e paziente, soprattutto nella fase di diagnosi, quando i pazienti prendono consapevolezza della patologia. Protagoniste della puntata la reumatologa dell’Ast Fermo, dr.ssa Antonella Farina, la dr.ssa Barbara Esperide, psicoterapeuta e psicologa dell’Ast Fermo, Stella Rosi, presidente dell’Amar Marche, e Stella, paziente della dr.ssa Farina.
«Il rapporto medico-paziente è fondamentale, soprattutto nell’accettazione delle malattie croniche. Non è semplice far comprendere ai pazienti che questi tipi di patologie li accompagneranno per un lungo periodo. Bisogna quindi trovare le parole giuste da parte dei medici, che devono avere la capacità di far capire bene a cosa sta andando incontro il paziente – ha sottolineato la dott.ssa Farina – spesso i pazienti ci chiedono cosa significhi avere una patologia cronica, così come spiegazioni su molte altre che non vengono capite immediatamente. Frequentemente noi medici non abbiamo il giusto tempo per rispondere. Per questo è importante coinvolgere anche gli altri specialisti, come può essere lo psicologo, per aiutare il paziente nel percorso della sua malattia cronica, facendogli comprendere e capire come si deve adeguare a questa nuova patologia».
Una testimonianza importante è stata quella di Stella Rosi, presidente dell’Amar Marche, che ha raccontato come ci si approcciava oltre trent’anni fa alle malattie reumatologiche e quali fossero le difficoltà della vita quotidiana. «Mi sono ammalata 45 anni fa, all’epoca non c’erano le terapie di oggi. La mia “fortuna” è stata quella di essere cresciuta fin da piccola con queste patologie e non ammalarmi da un giorno all’altro. A vent’anni avevo già quattro protesi nel mio corpo, non c’era il supporto psicologico, si restava ricoverati per mesi e mesi. L’unico centro reumatologico era a Milano, anche per una semplice analisi si stava tre settimane in ospedale. Cose impensabili oggi. Sicuramente il trauma maggiore lo hanno subìto i miei genitori e i miei fratelli che restavano senza nostra madre a lungo perché con me in ospedale. All’epoca non c’erano l’attenzione e la comunicazione di oggi. L’aiuto che ho avuto è stato solo della famiglia e da me stessa – le parole di Stella Rosi – l’arrivo dei medicinali biologici ha segnato una svolta importante per i malati di patologie reumatiche, che ora possono avere una vita più o meno come tutti gli altri».
Una situazione che oggi è cambiata sensibilmente, grazie, si diceva, ai medicinali biologici e a una maggiore cultura su determinate patologie. A raccontare come si vive oggi con la malattia è stata Stella, paziente della dott.ssa Farina: «Scoprire la patologia cronica non è semplice, all’inizio ho avuto un momento di shock perché non si capisce bene cosa ti sta dicendo il medico. Quello che spaventava meno era probabilmente la terapia, anche se si è consapevoli che sarebbe durata a lungo. Ad intimorire era, invece, l’impatto che la malattia poteva avere sulla mia quotidianità, quegli accorgimenti che quando sei giovane ti pesano. Sicuramente non è facile digerire subito la diagnosi. Alla fine, comunque, ci si abitua alle piccole novità che queste patologie comporta, mentre all’inizio anche raccontarle agli altri non era semplice».
Da sottolineare come l’Amar Marche abbia stipulato un accordo con molti psicologi della regione, che consente ai soci dell’associazione di usufruire di sedute a prezzi calmierati. L’aiuto psicologico nei confronti dei pazienti, ma anche delle loro famiglie, nella fase iniziale e nell’accettazione della malattia è spesso determinante.
«Entrambe le testimonianze che abbiamo avuto sono esempi di resilienza, di resistenza nel percorso. Dalla diagnosi, con un primo impatto scioccante con la malattia, alle diverse fasi, anche a livello emozionale. La rabbia, come pure la depressione, che ognuno affronta in maniera soggettiva. Ci si adatta al cambiamento, con velocità più o meno rapide. Ognuno deve scandire i propri tempi interiori. Anche i familiari hanno bisogno di essere accompagnati nel percorso di affiancamento dei pazienti, anche per quanto riguarda l’atteggiamento ed il comportamento, con lavori psico-relazionali – ha commentato la dott.ssa Esperide – Anche termini chiari e precisi, utilizzando un linguaggio comune e non specifico, sono alla base del rapporto che deve esserci tra medico e paziente. Creare un rapporto di fiducia, aiuta il paziente ad adattarsi al cambiamento».
Matteo Achilli
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