di Matteo Achilli
Un convegno interessante e ricco di spunti ed informazioni sul tema della fusione tra comuni, quello tenutosi ieri sera nella sala consiliare di Montappone, alla quale erano stati invitati i consiglieri di Massa Fermana, Montappone e Monte Vidon Corrado, per conoscere i dettagli di un progetto che sta tornando in auge da qualche mese nel distretto del cappello. A spiegare i dettagli di tale operazione sono stati due esperti come Guido Benigni vice presidente del Coordinamento Nazionale Fusione Comuni e Federico Gusmeroli tecnico che supporta le operazioni di fusioni e realizza studi di fattibilità per valutare benefici e criticità.
«Iniziare a pensare o parlare di fusione dall’alto, quindi da un incontro tra gli amministratori è sicuramente un elemento favorevole. Come associazione, c’è il sentore che in Italia si torni a parlare in molti casi di fusione, soprattutto in questo periodo e nei luoghi più marginali. Il 2026 è vicino e con esso la fine del Pnrr e torna la paura di possibili problemi economici per i comuni, che tornerebbe a far fatica per sostenere i servizi richiesti dai cittadini. I comuni ideali per far sì che una fusione funzioni è quella dei comuni medi, quindi nuovi comuni che si aggirano intorno ai tremila abitanti, come potrebbe accadere in questo caso gli incentivi statali che arriverebbero per 15 anni, sarebbero pari al 60% dell’entrata erariale nel 2010. Il comune dovrebbe dotarsi di una strategia intercomunale e fare sistema, avere ad esempio un ufficio che si occupi di bandi europei, che torneranno ad essere le poche fonti per intercettare fondi. Tra l’altro questo territorio ha già un economia che ha fatto sistema, nonostante i limiti amministrativi di tre comuni singoli – le parole di Benigni –
a livello legislativo la delibera 56 del 2014 è quella da seguire a livello nazionale, mentre a livello regionale le Marche prevedono due tipi di fusione, una è quella per incorporazione quindi un comune grande incorpora in esso un comune più piccolo, che dunque perde il proprio nome, come accaduto tra Pesaro e Monteciccardo. La seconda tipologia di fusione è quella dell’istituzione di un nuovo comune, quindi più paesi limitrofi che si uniscono insieme formando un nuovo comune. Ovviamente per procedere alla fusione c’è bisogno di un referendum consultivo, che viene approvato dal consiglio regionale. Questo è il punto di svolta del percorso, superato il quale sarà il popolo col suo voto a decidere. Il referendum può essere richiesto tramite raccolta firme dai cittadini o tramite la delibera favorevole dei tre consigli comunali. Al voto dovrà esserci la maggioranza assoluta in tutti e tre i comuni, qualora ci fosse è la consulta legislativa della regione a omologare la fusione. Il nuovo comune prenderà quindi il via al 1’ gennaio successivo dalla votazione, nel quale gli amministratori dovranno redigere il regolamento comunale».
Si parla di Fusione dei comuni quindi e non Unione, che significherebbe creare un nuovo ente, che svolge per i comuni aderenti determinati servizi. Si andrebbe quindi a creare un quarto ente da gestire, oltre ai tre comuni esistenti. L’unione tra l’altro potrebbe essere sciolta se non dovesse funzionare, al contrario della fusione che rappresenta una decisione irreversibile.
«Al momento l’unica condizione di fattibilità per la fusione, richiesta dalla normativa è che i comuni siano limitrofi. Ovviamente poi i comuni stessi devono capire se c’è convenienza nel fare quella fusione o meno e qui entra in gioco il nostro lavoro con gli studi di fattibilità. Diversi processi di fusione infatti si interrompono prima del referendum, perché l’amministrazione con in mano i dati capiscono che non c’è convenienza. Non c’è un solo parametro per capire la convenienza di una fusione. Situazione debitoria, differenza tra aliquote comunali ecc possono essere i temi sui quali dibattere. Non pensate che i contributi statali che arriveranno possano risolvere tutto, anzi devono essere gestiti bene e con lungimiranza, perché dopo cinque anni non arriveranno più – dichiara il dott. Gusmeroli – gli studi di fattibilità tengono conto degli aspetti di bilancio, le condizioni socio economiche del territorio ed altre. le fusioni ad oggi non si fanno per prendere i soldi, ma per rispondere ad alcuni problemi che i comuni hanno, come i pochi dipendenti a disposizione e spesso difficile da professionalizzare, dovendo spesso scegliere di affidarsi a consulenti esterni. Essere comune nato da fusione permette tra l’altro di avere punteggi aggiuntivi nei bandi, cosa molto importanti in vista della fine del Pnrr e l’inizio di una stagione di progettualità – dichiara il dott. Gusmeroli – le organizzazioni comunali andrebbero modificate, anche se nulla toglie che i vari uffici comunali potrebbero essere dislocati nei vari territori e non per forza centralizzati».
Intervenuto anche Massimo Citracca sindaco di Valfornace, comune nato nel 2017 dalla fusione di Fiordimonte e Pievebovigliana.
«Devo dire che per noi la fusione è stata un’esperienza positiva, nonostante il processo sia iniziato proprio durante il terremoto. Nonostante tutto siamo riusciti a fare il referendum, ricordo che si tenne nelle tendopoli, ma ebbe un risultato importante, con oltre il 65% di voti favorevoli. Le persone capirono che c’era assolutamente bisogno della fusione, soprattutto per Fiordimonte di cui ero Sindaco. Noi non avevamo la possibilità di fare nulla viste le poche risorse economiche ed umane a disposizione – ammette Citracca – con la fusione è cambiato tutto, sono arrivati i contributi e ad oggi i bilanci sono sempre stati ottimi. Riusciamo anche ad offrire servizi migliori ai cittadini, potendo utilizzare al meglio le risorse. Ora abbiamo un responsabile per ogni ufficio, dalla ragioneria a quello tecnico ecc. Posso dire che nessun cittadino si è mai lamentato per aver fatto la fusione».
A chiudere l’incontro il vicepresidente dell’Anci Marche, nonché sindaco di Fermo Paolo Calcinaro: «Io non nascondo di essere favorevole alle fusioni, lo sono anche per quella tra Fermo e Porto San Giorgio, che tra l’altro diventerebbe la città più popolosa nel sud delle Marche, quindi avrebbe anche un certo potere a livello geopolitico. Questo per dire che comunque si parte in salita, non è facile convincere il cittadino a rinunciare al nome, alla storia e quant’altro. Allo stesso tempo credo che ci siano dei passi che vanno fatti – afferma Calcinaro – va fatto capire ai cittadini quali sono i vantaggi concreti di fondersi. Servirebbero più forme di incentivazioni dall’alto, però comunque di vantaggi evidenti e quotidiani ce ne sono molti. Lo so non è facile in una terra di tanti campanili, ma iniziative come quelle di stasera sono a mio avviso lodevoli e necessarie».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati