di Giuseppe Fedeli *
L’ultima età
“La leggerezza è propria dell’età che sorge, la saggezza dell’età che tramonta.” (Cicerone)
Anche noi arriveremo prima o poi alla “detestata soglia”. Ma la vecchiaia non è desolazione, solitudine, se gli affetti non ci abbandonano. Può essere, anzi, la seggiola ideale, l’approdo da cui guardare indietro, per fare il riassunto della propria vita, nelle sue luci e nelle sue ombre, nel suo splendore e nei suoi drammi, e nei suoi rimpianti: per scrutare in filigrana il tempo che fu, e dare a esso una collocazione, una ragione. Una estetica del passato, decantato delle sue scorie. Un passato che ritorna dentro un cono di luce, e si rianima delle figure che lo hanno disegnato, così vivide, così sfumate nella memoria: che vanamente rincorre i suoi anni… Un momento di ripiegamento intimo, di riflessione. Come nella tersità dell’acqua sorgiva, ci rispecchiamo nel fanciullo che ha paura del buio, e vuole giocare per ricacciare nella luce i fantasmi, pronti ad agguantarlo…Già sa, il fanciullo, che la vita non fa sconti, e allora non vuole sollevare il velo: ché, scostandolo, gli si imporrebbe la realtà, in tutta la sua prorompente, ma cieca vitalità. Che significa anche fugacità. Sul mattino, guizzano i voli, multicolori, paiono ammiccare a un destino prossimo, ineluttabile. Affacciati alla finestra, ci ripensiamo in quello che eravamo, gli occhi disincantati, ma chiari, di una fanciullezza eterna. Che si posa sul volo di un’ape che assedia il fiore, a suggerne la dolcezza.
* giudice
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