di Silvia Ilari e Matteo Achilli
Spopolamento, servizi e futuro: i cittadini s’interrogano sulla variabile fusione. L’ipotesi di fusione, appunto, tra Comuni è tornata alla ribalta nel Fermano. Questa volta non è il solito refrain tra Fermo e Porto San Giorgio (con il sindaco Paolo Calcinaro espressosi favorevolmente anche di recente) bensì tra Massa Fermana, Monte Vidon Corrado e Montappone.
Ma cosa ne pensa chi vive questi territori giornalmente, perché ci lavora, li frequenta o semplicemente ci è nato?
Daniela Simoni, direttrice del Centro Studi “Osvaldo Licini” e della Casa Museo Licini di Monte Vidon Corrado, fa presente che «della fusione dei Comuni del distretto si parla da decenni. L’Italia e le Marche in particolare sono costituite da un territorio policentrico, ogni paese ha la sua storia, il suo piccolo scrigno di tesori d’arte, la sua identità sul piano economico e sociale, aspetti che vanno salvaguardati – dice – la riunione dei Comuni sotto una medesima amministrazione potrebbe essere una risorsa per la gestione dei servizi, per il superamento di obsoleti campanilismi, ma non deve assolutamente diventare un alibi per operare tagli sulle già esigue risorse disponibili per ciascuna realtà. Affermo ciò pensando agli accorpamenti in atto nel mondo della scuola e ai tagli operati sui presidi ospedalieri che di fatto hanno comportato solo riduzioni drastiche delle risorse e penalizzazione dei servizi» sottolinea Simoni senza dimenticare di citare l’arte e la tradizione: «Sul piano della cultura Monte Vidon Corrado con il Centro Studi e la Casa Museo Licini, Montappone con il Museo del cappello e Massa Fermana con i gioielli che custodisce in pinacoteca costituiscono un distretto culturale che potrebbe essere gestito congiuntamente con ricadute positive nella gestione e nella fruizione».
«La fusione tra Comuni potrebbe essere una bella soluzione ma francamente vedo un pò di confusione – il parere dell’imprenditore Marco Sorbatti – se l’operazione portasse sui territori maggiori risorse da investire in servizi, sarebbe da perseguire ma questi ultimi non possono essere sparpagliati senza criterio. A mio parere i nomi dei Comuni non possono scomparire, sono intrisi della nostra storia. E, comunque, considerate che i campanilismi sono forti e bisognerebbe lavorare, in primis, per superarli. Al momento, da quello che so, almeno a Montappone, non ci sono delibere che promuovano una discussione al riguardo. Insomma un atto, qualcosa di formale, per iniziare a sondare il terreno tra la popolazione. C’è stata solo la Kairos che, a livello sportivo, è riuscita a fare qualcosa di simile» ma sul fronte amministrativo, a sentire l’opinione di Sorbatti, ce n’è ancora di strada da fare: «Non si riesce ancora nemmeno ad organizzarsi tra Comuni per ottimizzare le Castagnate…».
Tra le voci degli imprenditori, anche quella di Paolo Marzialetti, presidente nazionale del Settore Cappello e vicepresidente della Federazione Italiana TessiliVari: «Sono circa 30 anni che si parla di unificare i Comuni del distretto, anche nell’ottica di una costante diminuzione della popolazione, che mina la sopravvivenza dei singoli Municipi. Personalmente credo che i cittadini, dopo 30 anni, abbiano ormai contezza quantomeno di appartenere a quella che ormai viene universalmente riconosciuta quale una piccola “comunità economica distrettuale”. Purtroppo, registro ancora molti freni e inibizioni nei confronti della fusione, provenienti soprattutto da comuni vicini a Montappone. Credo che l’unica via d’uscita per arrivarvi in tempi brevi sarebbe una legge dello Stato che la imponesse dall’alto, dando vita a un unico Comune di almeno 3000 abitanti, comprensivo di tutte le municipalità limitrofe che ricadono in una distanza delimitata. Questa sarebbe realmente, se non l’unica opzione, quella che davvero toglierebbe ogni esitazione o incertezza».
A livello amministrativo, ecco il parere dell’ex sindaco di Montappone, Mauro Ferranti, tra i primi a interessarsi del tema: «Mi sono occupato di fusione già nel 2009 nel mio primo mandato da consigliere. Ricordo che andai in Piemonte dove c’era uno dei primi Comuni nati. Volevamo prendere consapevolezza di ciò che significasse e informarci in maniera approfondita su un tema di cui, ai tempi, si era sentito parlare poco. Rimasi folgorato da quell’esperienza. Tre paesi avevano un unico sindaco, pur mantenendo le tre municipalità. Erano riusciti a strutturarsi bene e ottenuto ottimi contributi, riuscendo a creare servizi importanti per la comunità. Ovviamente non c’erano solo cose positive, nei primi anni avevano avuto problemi con il catasto, a causa della toponomastica, ma erano in fase di risoluzione e comunque non riguardavano la quotidianità. Lì capii che per riuscire a trasmettere l’idea di fusione ai cittadini, che bisognava studiare molto la materia, comprendere tutto ciò che implica e saper rispondere ad ogni dubbio e domanda venga posta».
«Dal mio punto di vista sono favorevole – continua – credo sia un modo per fermare la desertificazione dei nostri borghi, che purtroppo sta avanzando. Ci dobbiamo chiedere cosa possa attrarre qui le nuove coppie o far sì che i giovani restino. Non basta il lavoro, che poi non è più florido come un tempo, ma servono soprattutto servizi di qualità e per questo bisogna unirsi e non pensare più ognuno al proprio orticello. Oggi molto è fatto con l’aiuto dei volontari, ma unendoci potremmo avere delle figure professionali e retribuite, pensiamo al vigile urbano, a una persona che si occupi dei nostri musei e molto altro. Ci renderebbe autonomi da questo punto di vista. Capisco che fusione possa essere una parola forte, soprattutto per chi ha a cuore il nome e l’identità del proprio paese, ma c’è bisogno di iniziare ad avere una veduta più ampia per questo territorio» specifica e ricorda quando, anni addietro, ci arrivarono vicini: «Nel 2016 ero sindaco e insieme ai colleghi dei Comuni limitrofi c’era molto dialogo. Fummo vicini ad avviare l’iter per la fusione insieme a Monte Vidon Corrado e Falerone, con Massa Fermana che sembrava essere disposta ad accodarsi. Durante i primi mesi dell’anno arrivammo alla fase di studio dei bilanci comunali da parte dei tecnici ed eravamo pronti ad iniziare l’iter burocratico per l’eventuale referendum. In seguito, però, arrivò il terremoto, un’emergenza importante da dover fronteggiare e non se ne fece più nulla».
Sicuramente quello della fusione, come si nota dagli interventi, è un nodo da sciogliere, qualcosa che fa discutere, in considerazione anche dello spopolamento che si è avuto negli ultimi anni. Un tema che va analizzato bene, capendo i pro e i contro di una scelta del genere che sembra ostacolata più da quelli che potrebbero essere aspetti economici e burocratici, anziché da una questione identitaria.
Tra i più conservatori, come spesso accade, ci sono i cittadini più anziani, che faticano a pensare di dover cancellare le loro radici, le tradizioni e quel sano campanilismo che c’è sempre stato. Dall’altra parte però sta crescendo una generazione che i limiti territoriali non li ha mai avuti. Da trent’anni ormai i ragazzi dei tre paesi frequentano le stesse scuole, gli stessi locali, le stesse amicizie. Di recente anche le tre parrocchie sono passate a essere rette da un unico parroco ed è stata fondata una squadra di calcio unica, (come ricordava Sorbatti) la Kairos 3 Monti, che rappresenta i tre Comuni.
«Sinceramente non vediamo cosa ci sia di sbagliato nell’unirci, in fondo siamo cresciuti tutti come se fossimo già di uno stesso paese. Frequentiamo quasi tutti la stessa scuola, andiamo al catechismo insieme, giochiamo insieme a calcio e nel tempo libero ci frequentiamo negli stessi posti, anche perché, più di questo non è che abbiamo» ci raccontano alcuni ragazzi in un bar di Montappone. «Storia e identità diverse? Forse all’epoca dei nostri nonni, ma diciamoci la verità, questi tre paesi si sono sviluppati tutti grazie ai cappelli e sono continui a livello territoriale, tanto che chi arriva da fuori neanche capisce quando finisce un Comune e inizia l’altro. Parlare di identità non ha senso».
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