di Giuseppe Fedeli *
Magdeburgo, l’orrore dell’abominio Mi chiedo, e non finisco di stupirmi, come si possa spingere l’acceleratore per quattrocento metri gettando l’assurdo guanto di sfida, a costo (ovvero al fine) del sacrificio di un numero indeterminato di vite umane. È quel che è accaduto a Magdeburgo, autore della strage un 50enne originario dell’Arabia Saudita, che lavora come medico a Bernburg. Gente che era andata a visitare i mercatini del Natale, insieme a tanti bambini. Gente che era andata ad assaporare l’atmosfera magica di questo tempo di stupefazione e mistero. All’improvviso, piomba sui presenti un’auto, sorta di bomba a orologeria, che falcia letteralmente oltre cento persone, cinque delle quali non potranno più raccontare quell’incubo di sangue e distruzione cieca.
Odiatori seriali si aggirano per le piazze del mondo, a cercare un riscatto a una vita grama, di frustrazioni. Scaricando sull’altro-da-sé ansie, aspettative, rabbie non elaborate. Forse dal non essere stati capaci di integrarsi con un’altra etnia scaturisce il sentimento di invidia, e la conseguente vendetta. Questa è la probabile lettura di simili fatti. Ma la verosimiglianza non va scambiata per verità.
Potrebbero essere anche gesti di pura follia, di deragliamento dai binari della normalità. L’unica certezza è che, se non si rafforza il sistema di controllo, se la prevenzione non anticipa l’exploit, in un mondo dove tutto pare lecito e possibile, si dovranno contare ancora troppe lacrime di innocenti, o di chi piange la scomparsa di un proprio caro, dovuta a una beffa del destino. Ovvero all’obnubilamento delle facoltà cognitive, e delle mai disgiunte valutazioni etico-morali, da cui il gesto fatale: comunque la si voglia inquadrare, l’abominio nasce da una visione della vita etero ed autodistruttiva, figlia del nichilismo imperante.
* giudice
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