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Teologia in piazza, è tempo di bilanci

FERMO - Si è appena concluso, al Centro San Rocco, un ciclo di incontri pensati per far dialogare la teologia con il mondo culturale, sociale, politico ed economico simboleggiato dalla piazza

Si è concluso alla Sala San Rocco di Piazza del Popolo a Fermo il ciclo di incontri organizzati da Centro Culturale San Rocco: “Teologia in piazza. La forza della speranza da Moltmann ad oggi”. Quattro incontri dedicati al teologo tedesco scomparso pochi mesi fa e per celebrare i sessant’anni dalla pubblicazione del suo libro più significativo “Teologia della speranza”. Un momento importante anche per chi avesse voluto prepararsi all’imminente Giubileo che ha proprio nella “speranza” il suo percorso spirituale.

«L’intenzione del ciclo “Teologia in piazza” è quello – rimarcano gli organizzatori – di far dialogare la teologia con il mondo culturale, sociale, politico ed economico simboleggiato dalla piazza. Oggi è abbastanza evidente constatare che viviamo in un’epoca quasi apocalittica, da fine dei tempi, apparentemente senza speranza: catastrofi naturali sempre più devastanti frutto di un incosciente sfruttamento delle risorse della natura; guerre di una violenza incommensurabile al limite del genocidio; situazioni di povertà e di sfruttamento umano che provocano migrazioni di popoli senza precedenti; abbiamo appena superato una pandemia planetaria con la possibilità concreta che non sarà l’ultima. Tutto questo è diventato la quotidiana causa delle nostre paure per il futuro. E la paura, forse, è il vero nemico della speranza. È la paura, oggi, ad essere culturalmente sovrana, non certo la speranza. Quella paura che trasforma l’approccio umano alla storia in un raggio di comportamenti che vanno dalla chiusura verso ogni cambiamento, una chiusura spesso identitaria, tradizionalista, ad una rassegnazione verso il disastro imminente, alla disperazione dell’impotenza. Esistono dei professionisti della paura, che alimentano questo sentimento devastante, che impediscono di vivere e costruire il futuro nella vita di ognuno, chiedendo, per loro, una delega in bianco per accrescere la sicurezza, prospettando la costruzione di un mondo chiuso, escludente. Siamo convinti che in questo contesto la teologia debba invece alimentare una vera speranza, aperta ad un futuro migliore per tutti. Abbiamo provato a dare voce alla speranza in teologia attraverso l’opera di Moltmann. Lo abbiamo fatto nel primo e nell’ultimo incontro, grazie alle relazioni della prof.ssa Dara Dibitonto e del prof. Fulvio Ferrario. Daria Dibitonto è stata una delle poche ad aver conosciuto personalmente il prof. Moltmann e ad aver lavorato con lui fino agli ultimi giorni. Ci ha raccontato la sua vita in un interessante parallelo con il suo pensiero, sottolineando quanto ha contato nella sua attività di teologo la partecipazione alla seconda guerra mondiale tra le fila tedesche, la scoperta delle atrocità perpetuate dai suoi concittadini nei campi di sterminio e poi l’incontro con la moglie teologa che lo ha spinto agli studi teologici. Il prof. Ferrario ci ha introdotto nel suo pensiero, non fermandosi solamente al libro di sessant’anni fa sulla speranza ma mostrando come la speranza stessa abbia continuato ad essere determinante anche negli studi successivi, quelli sul Dio crocifisso, sullo Spirito e la Chiesa, quelli sul Dio trinitario e sulla creazione.

Fondamentale è stato, poi, l’incontro con il prof. Marcello Neri. La relazione del professor Neri ha toccato la speranza come elemento centrale della Bolla di indizione del Giubileo, e a partire da questa ha ragionato sulla speranza come virtù politica. Diverso dagli altri, infine, è stato l’incontro con don Giovanni Varagona e Vincenzo Varagona. Apparentemente non un incontro “accademico” ma solo apparentemente, perché la teologia non è solo dialogo con la filosofia ma è anche riflessione sull’attività pastorale. I fratelli Varagona ci hanno parlato dell’attività di cappellano al carcere di Ancona Barcaglione svolto da don Giovanni, attività di chi deve portare speranza in un luogo centrato sulla disperazione. Importante è stata anche la testimonianza di don Michele Rogante che dal pubblico ci ha raccontato qualcosa della sua esperienza di cappellano del carcere di Fermo.

La prospettiva escatologica, quella degli ultimi giorni, e le sue implicazioni nella spinta all’azione oggi è il contributo che la teologia dà alla storia culturale dell’umanità, soprattutto in un contesto di crisi come quello attuale».


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