di Sandro Renzi
E’ trascorso un anno e le cose non sono cambiate. In qualche caso addirittura sono peggiorate. I dati pubblicati dalla Cgia di Mestre, gli ultimi disponibili e riferiti al 2022, sono oggettivamente impietosi e restituiscono, semmai ce ne fosse ancora bisogno, l’immagine di un Paese e di tantissime province che stanno invecchiando di anno in anno. A rischio, però, è anche la tenuta economica del sistema Italia. La nostra regione, si fa per dire, è in buona compagnia insieme ad Abruzzo, Umbria, Sardegna e a tutte le regioni del sud nel triste primato che vede l’Inps erogare un numero di pensioni assai più alto rispetto a quello degli occupati.
In buona sostanza, a fronte di 653 mila assegni previdenziali staccati, la forza lavoro può contare su 639 mila uomini e donne ancora attivi. Saldo negativo (-14), come in Calabria o Sicilia dove, tuttavia, rispettivamente, i numeri fanno registrare (-226) e (-303). Fin quando potrà reggere questa situazione? Le previsioni non sono rosee.
«Nel Mezzogiorno si pagano più pensioni che stipendi, ma nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del
Paese. Secondo alcune previsioni, entro il 2028 sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età 2,9 milioni di italiani,
di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle Regioni centrosettentrionali» fa sapere la Cgia. Gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle fabbriche e negli uffici.
Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia più “squilibrata” d’Italia è Lecce: la differenza è pari a -97mila. Seguono Napoli con -92mila, Messina con -87mila, Reggio Calabria con -85mila e Palermo con -74mila. L’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è ascrivibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia/anticipate, ma all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità. «Un risultato preoccupante che dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da quattro fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione molto inferiore alla media Ue e la presenza di troppi lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori ha ridotto progressivamente il numero dei contribuenti attivi e ingrossato la platea dei percettori di welfare» osserva ancora la Cgia.
Delle 107 province d’Italia monitorate in questa analisi dell’Ufficio studi della Cgia, solo 47 presentano un saldo positivo. Tra queste anche Pesaro Urbino (+5), le restanti quattro province della Marche fanno registrare un saldo negativo. Così Fermo, dove a fronte di 74 mila pensioni erogate ci sono 71 mila occupati, e Ascoli con 86 mila occupati e 92 mila pensioni, o Macerata 136 mila pensioni e 128 mila occupati ed Ancona 199 pensioni e 196 mila occupati.
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