di Silvia Ilari
No all’improvvisazione: è il primo monito fatto dall’Aie (Associazione Internazionale Esorcisti), parlando della «sublimità dell’ufficio dell’Esorcista», lontano da quelle che definiscono «pratiche scorrette».
Una nota, quella dell’Associazione Internazionale Esorcisti, condivisa nei contenuti dalla Diocesi di Fermo e dall’esorcista in carica don Giordano Trapasso.
«La nostra diocesi ha dato un suo contributo significativo, perché in questi anni di Ministero ho avuto a che fare, purtroppo, con prassi scorrette e malsane portate avanti da preti, religiosi e dal loro giro di laici compiacenti. Hanno messo in testa alle persone, con le loro preghiere e gesti, quel tipo di idee elencate nei dieci punti (clicca qui) e quando viene fatto questo nella vita, la ritengo una profanazione. Alcuni pratiche scorrette e malsane ho potuto riscontrarle personalmente, tra chi pratica la guarigione dell’albero genealogico, chi invita alla ripetizione compulsiva di benedizioni, preghiere di guarigione, dando vita a esperienze che non instillano speranza. Inoltre, c’è chi addirittura tocca parti del corpo per liberare da non si sa che cosa. Si tratta di pratiche scorrette che hanno segnato la vita di individui fragili in maniera a volte irreversibile. Ho visto persone che dopo 20-30 anni sono ancora convinte di essere vittime di malefici, perché passate da queste figure».
Se il Vescovo chiede loro spiegazioni, come si giustificano?
«A volte mentono, perché dicono che fanno solo direzione spirituale, ma dai racconti delle persone emerge tutt’altro. Per me non è direzione spirituale toccare il corpo della persona, far buttare via materassi e cuscini perché, secondo loro, c’è un maleficio. O ancora: farsi portare delle foto per dire chi l’ha fatto. È superstizione. L’esorcista è prima di tutto un credente, un sacerdote che annuncia che Cristo è morto e risorto. Accompagna la persona in un cammino di liberazione nei rari casi con il rito preposto ma, in generale, lungo un cammino di conversione».
Don Giordano stesso fa parte dell’Aie, associazione in cui si è formato e continua a formarsi.
«Sono molto grato a questa associazione che è un aiuto prezioso. Non è una scelta obbligatoria, ci sono vescovi che lo chiedono, altri no. Dopo la formazione iniziale, l’Aie ci fornisce articoli, studi. Non ci si improvvisa ed è una delle prime cose che vengono sottolineate anche nella nota. Se ho dubbi, a volte mi consulto con esorcisti che hanno più esperienza di me, come padre Bamonte vicepresidente dell’associazione. È importante sostenersi a vicenda».
Da quanto tempo è esorcista?
«Il tutto è iniziato in maniera graduale, quando l’allora esorcista della nostra diocesi, padre Luciano Rossi, è stato trasferito e insieme al vescovo Rocco Pennacchio abbiamo deciso di mettere mano alla questione seriamente. Padre Luciano ha fatto tutto con saggezza e, nell’immediato, non era semplice individuare una figura. Per questo, innanzitutto, abbiamo iniziato con un servizio di ascolto e discernimento: eravamo tre preti che si avvalevano della collaborazione di un paio di psicologi quando le situazioni richiedevano un approfondimento. Questo fino al 2020, anno della Pandemia, poi il vescovo mi ha nominato esorcista per un anno, per essere successivamente confermato per 5 anni, fino al 2 settembre 2027».
Lei ha sempre operato in questa diocesi?
«Sì, anche perché un esorcista è nominato tale per la diocesi. A volte sono stato chiamato da persone che vivono in altri territori, ma ho sempre detto loro di rivolgersi al proprio vescovo, alla loro curia, di farsi dire chi è l’esorcista preposto. Io non seguo persone di altre diocesi, a meno che non sia il loro vescovo a mandarle da me».
Dalla sua esperienza, si rivolgono a lei più adulti o ragazzi e le loro famiglie?
«Pensando al nostro territorio che comprende tre province, ci sono configurazioni diverse che incidono su questo fatto. È un territorio fragile, ho notato un aspetto in particolare in questi anni: il primo è che sotto sotto permane una sorta di mentalità superstiziosa, che diventa terreno fertile per convincersi di essere vittima di malefici. Intorno a noi ci sono tanta sofferenza e fragilità per l’appunto. In grandissima parte, coloro che si rivolgono a me sono adulti. Si tratta di persone che hanno patologie già diagnosticate a livello psichiatrico oppure che vivono momenti difficili con unioni coniugali finite male, relazioni conflittuali all’interno della famiglia. È capitato soprattutto dopo la Pandemia di essere contattato da genitori preoccupati per i loro figli, in genere preadolescenti o adolescenti, talvolta bambini. Perché? Perché li hanno visti cambiati, improvvisamente più introversi, bloccati o chiusi in camera. Succedeva anche prima, ma dopo l’avvento del Covid i casi sono cresciuti».
Come fa a capire quando c’è bisogno di un aiuto psichiatrico o psicologico o di un esorcismo vero e proprio?
«Faccio alcune premesse, per far comprendere il quadro in cui ci muoviamo. Attualmente non lavoro da solo, ho un’ausiliaria, la psicoterapeuta Patrizia Pasquali, che si è formata anche lei, come me, presso l’Associazione Internazionale Esorcisti. Questo perché? Perché l’aggressione da parte del diavolo è possibile, ma è rara. Questa cosa deve essere chiara. Bisogna discernere. Secondo le linee guida dell’Aie sono quattro le tipologie di azioni: la vessazione, l’ossessione, l’infestazione e la possessione. Nei rari casi di cui parliamo, se ne possono incontrare due, tre insieme. È rarissimo riscontrarne solo una. L’esorcista può procedere al rito preposto e le relative preghiere solo quando ha la certezza morale di un’azione straordinaria. Non posso dare un giudizio a cuor leggero, devo raccogliere prima tutti gli elementi possibili e la mia coscienza non deve avere seri motivi di dubbio. Fino al 2020, sono entrato in contatto con circa 250 situazioni, dopo il Covid sono più che raddoppiate. Ho proceduto all’esorcismo solenne solo in un caso e in un altro paio di situazioni, ho avuto il dubbio che ci possa essere stata vessazione. Poi, però, in uno ho visto che si trattava di un disturbo psicologico, nell’altro mi sono convinto di più perché, dopo un cammino di preghiera, con i testi della Chiesa, con l’appendice al rito degli esorcismi, il fenomeno è finito. Parlo di testi non contenuti in libricini o presi a caso su internet. Questo per far capire quanto davvero sia rara come casistica. Per arrivare alla certezza di cui parlo, ho bisogno prima di tutto del racconto della persona, per me condizione necessaria. Non posso prescindere dal vissuto di chi cerca l’esorcista, anche se non è sufficiente, soprattutto quando, chi arriva da me è già convinto di essere vittima di azioni straordinarie, facendosi una diagnosi da solo. Io ascolto, accolgo, ma faccio presente che devo fare le opportune verifiche. Non incontro mai queste persone da solo o sono accompagnate da un familiare o le ascolto affiancate dal loro parroco».
Chi non sa dove andare, si rivolge in prima battuta al proprio parroco?
«Esatto, anche se non sempre avviene. Il primo passo dovrebbe essere quello di andare dal parroco che conosce il vissuto della persona e può aggiungere elementi. Noi come curia cerchiamo di incoraggiare questo percorso o comunque lo propongo. Inoltre, se sono seguiti già da psicologi o psicoterapeuti chiedo alla persona l’autorizzazione per confrontarmi con loro, perché ho bisogno di capire qual è il quadro diagnostico, altrimenti rimando alla psicoterapeuta ausiliaria. Devo dire che, in questi anni, oltre a lei ho interagito anche con altri psicoterapeuti con cui abbiamo stabilito una collaborazione fruttuosa per il bene delle persone. Questo perché, se si fanno esorcismi o preghiere cosiddette di liberazione senza avere la certezza morale, senza le verifiche, si fanno danni seri su persone fragili».
Quanto dura il percorso di liberazione?
«Ogni situazione è unica. In generale, diciamo che con l’esorcismo avviene una liberazione parziale ma quella definitiva avviene secondo i tempi di Dio e del cammino di fede della persona. Spesso le persone hanno vissuto questa liberazione definitiva anche al di fuori del rito degli esorcismi sempre in un cammino di liberazione scandito da tante componenti. All’ultimo convegno dell’Aie non ho potuto partecipare, però c’è stata la testimonianza di una famiglia accompagnata da un esorcista in cui un membro ha vissuto la liberazione definitiva dopo cinque anni».
Nella nota dell’Aie (clicca qui), in particolare, vengono citate dieci pratiche scorrette che si possono riassumere così:
L’improvvisazione e il sensazionalismo:
L’Associazione Internazionale Esorcisti biasima l’atteggiamento di sacerdoti o laici privi di formazione e autorizzazione che intraprendono percorsi arbitrari di liberazione, spesso allontanando i fedeli dagli esorcisti ufficiali;
La non centralità data al Vangelo:
Viene sottolineato che il Vangelo di Cristo deve essere il fulcro del Ministero. L’accompagnamento dei sofferenti passa per fede, preghiera e sacramenti, non per rituali compulsivi;
Il discernimento negligente:
L’associazione rimarca l’importanza di un discernimento rigoroso con «criteri estranei alla fede cattolica, avvalorando concetti di origine esoterica o new age», in netto contrasto con la dottrina della Chiesa;
Pratiche superstiziose, uso improprio di res sacrae:
L’uso improprio di oggetti sacri o tecniche superstiziose, come il «diagnosticare la presenza di entità maligne» e «l’espellere negatività» anche tramite foto o toccando punti del corpo è inaccettabile;
Coinvolgimento di figure inadeguate:
La collaborazione con «sensitivi o presunti carismatici» è rigettata, soprattutto quando compromette il discernimento accurato che spetta esclusivamente agli esorcisti autorizzati;
Esclusione delle scienze mediche e psicologiche:
Per l’Aie, l’esorcista non può ignorare il contributo delle scienze, fondamentali per distinguere tra patologie naturali e possibili interventi straordinari del maligno;
Dichiarazioni avventate e dannose:
Attribuire senza discernimento una sofferenza all’azione demoniaca può aggravare la situazione delle persone coinvolte, generando ansia e sospetti infondati;
Atteggiamento fobico verso i cosiddetti malefici:
L’associazione riconosce l’esistenza del maleficio, ma sottolinea l’importanza di concentrarsi sulla grazia di Dio e non sull’identificazione ossessiva del male, evitando sospetti e divisioni;
Guarigione intergenerazionale o guarigione dell’albero genealogico:
Questa pratica – priva di fondamenti biblici e teologici – è respinta in quanto può danneggiare la fede dei fedeli e creare aspettative fuorvianti;
Alimentare la paura:
La paura è considerata dai sacerdoti dell’Aie uno strumento del Diavolo. L’esorcista deve guidare i sofferenti verso la serenità e la fiducia in Dio, respingendo qualsiasi forma di superstizione.
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