Riceviamo da Giuseppe Donati, componente Comitato Reggenza Cisl Fp Marche, e pubblichiamo
«Capita, spesso senza volerlo, di perdere di vista la luna concentrandosi sul dito. Visto che in questi giorni si discute di Atto Aziendale della Ast, sarebbe consigliabile che i sindaci del Fermano, chiamati a fornire un parere (purtroppo) non vincolante su questo documento programmatorio, si concentrassero sui contenuti di quest’ultimo piuttosto che sulle sorti dello stabile del Murri. Non che sia sbagliato farlo ma vista l’imminente apertura del nuovo ospedale di Campiglione, non focalizzarsi sui servizi e sull’offerta sanitaria in un’ottica di prospettiva, significherebbe guardare il dito e perdere di vista la luna.
Premesso che secondo Cisl Fp il contenuto dell’atto aziendale redatto dalla direzione generale della Ast di Fermo nonostante qualche raro sprazzo d’inventiva, risulta povero di spunti degni di nota e di visione prospettica, sarebbe interessante focalizzarsi soprattutto su ciò che non vi è scritto nell’atto aziendale piuttosto su quello che in modo didascalico e puramente formalistico è stato scritto nel documento.
Quando andavamo a scuola e facevamo un compito in modo sbrigativo, i professori ci dicevano che avevamo fatto il “compitino”. Assomiglia al classico compitino quello che ha preparato e presentato la Ast di Fermo, attenta soprattutto a seguire pedissequamente la traccia regionale, sottostando a regole matematiche (non scritte da nessuna parte come quella delle tre unità operative complesse per ogni dipartimento) senza il coraggio di osare fino in fondo per tentare di recuperare ciò che manca nell’offerta sanitaria fermana in ambito ospedaliero, dell’emergenza ma soprattutto in quello territoriale.
Non inganni i sindaci la miriade di acronimi con i quali vengono menzionati “punti”, “centrali”, etc. posizionati sul territorio perché significano poco e niente. Manca invece, ad esempio, una modalità possibile di collaborazione stretta con Inrca che potrebbe essere strategica, viste le premesse delle prime pagine dell’atto aziendale tese a dimostrare quanto incida l’invecchiamento della popolazione nel territorio fermano. Sarebbe stato innovativo progettare un pronto soccorso geriatrico collegato ad Por Inrca di Fermo, funzionale alle necessità di sgonfiare gli accessi (molti dei quali impropri) al Pronto Soccorso del Murri. Come si fa a spendere una pagina intera su una clinica convenzionata come Villa Verde e non accennare nulla sulla collocazione con un’azienda pubblica che nell’assistenza all’anziano potrebbe essere di fondamentale aiuto? Stranissimo poi che nell’architrave delle unità operative non si scorga un’unità operativa complessa di emodinamica, che in una visione prospettiva sarebbe stata importante. Dopo tante lotte per avere anche a Fermo questo fondamentale servizio salvavita e gli sforzi fatti per l’avvio delle coronarografie in collaborazione con l’équipe di Ancona, serviva il coraggio di porsi come obiettivo di uscire da una condizione di spoke per andare verso quella di Hub nella gestione di tutta l’attività di studio e trattamento tramite Ptca, delle patologie cardiovascolari acute.
Dove sono poi le proposte concrete operative per porre fine allo scempio dell’assedio del Pronto Soccorso e delle ripetute aggressioni verbali e fisiche agli operatori che vi operano? Non crederanno i sindaci, speriamo, che i famosi Punti Salute, aperti in fretta e furia in piena estate o apriranno nel futuro, potranno essere la soluzione al problema. Non scherziamo!
Pochi gli accenni a come si vorrebbe completare l’offerta specialistica. Fermo non ha un reparto di oncologia ma solo un servizio. Questo comporta non avere posti letto autonomi ma alcuni letti all’interno delle medicine. I malati oncologici del Fermano meriterebbero la medesima considerazione, confort degli ambienti e offerta delle cure di quelli degli altri territori marchigiani. Oggi non è così malgrado la grande professionalità e abnegazione di tutto lo staff di oncologia.
Continuano a non essere previste le unità operative complesse di dermatologia, pneumologia e allergologia, assenti nel panorama della Ast quasi a voler dirottare i pazienti che necessitano di cure in questi due settori verso il privato. Finora la collaborazione con Inrca ed il meritorio lavoro del dottor Morresi hanno tentato di dare una parziale risposta alla richiesta di presa in carico dei cittadini per quanto riguarda dermatologia ma era ed è auspicabile che questa specialità torni a far parte di diritto dell’offerta interna alla Ast fermana come pure altre attualmente assenti. Non va dimenticato che l’Atto Aziendale ha lo scopo di programmare la sanità che verrà in base ai dati epidemiologici e di richiesta di cure ma soprattutto che tra pochi mesi si avvierà il nuovo ospedale di Campiglione: come è possibile allora non prevedere delle Unità Operative con queste specialità di base?
A proposito di programmazione, nel documento si accenna solamente all’importante, anzi fondamentale, figura dell’infermiere di comunità. Manca un cronoprogramma con impegni precisi temporali, sul reperimento delle risorse umane e finanziarie per assumere le decine di infermieri previsti (1 ogni 3.000 abitanti) nonché i medici ed altri professionisti sanitari per far funzionare a pieno le case della salute o gli ospedali di comunità. Ci sono i finanziamenti per le mura ma per i professionisti?
Passando invece ad alcuni contenuti, risulta inaccettabile sotto l’aspetto normativo, giuridico e soprattutto sociale, che il dipartimento delle dipendenze patologiche vada posto all’interno del dipartimento di salute mentale, perdendo lo status di dipartimento autonomo. Anche chi non è esperto del settore comprenderà facilmente la valenza sociale e preventiva che il dipartimento delle dipendenze patologiche ricopre in una società sempre più afflitta da dipendenze di vario tipo e da ludopatia. Senza tenere conto delle implicazioni e delle collaborazioni positive che tale dipartimento in tanti anni, ha stretto con il privato sociale, il terzo settore ed il volontariato. Tale decisione andrà rivista senza se e senza ma anche perché cozza contro la stessa linea della Regione Marche, che a partire dalla Drg 747/2004 in avanti ha sempre riconosciuto peculiarità e autonomia ai dipartimenti Dipendenze Patologiche seppur richiamando l’opportunità di una forte collaborazione e la stesura di protocolli condivisi con l’area della salute mentale.
Altra situazione che Cisl Fp chiederà di rivedere è quella riguardante il nuovo dipartimento delle professioni sanitarie. Seppur meritorio e qualificante averlo previsto (nessun’altra azienda lo ha fatto quindi è un vanto per la provincia di Fermo) averci forzatamente inserita all’interno la direzione medico-ospedaliera è un controsenso. Cosa c’entra la direzione medica con un dipartimento che sarà la casa comune delle professioni sanitarie non mediche? Operazione tra l’altro anche pericolosa per le professioni, perché esporrà nel tempo i professionisti sanitari al rischio concreto che a dirigerli torni ad essere un medico. Ciò sarebbe la iattura peggiore perché vanificherebbe decine di anni di lotta per l’autonomia nei confronti dei medici. Sarebbe molto importante che gli Ordini delle professioni sanitarie intervenissero per scongiurare tutto questo! Un Dipartimento denominato “delle Professioni sanitarie” non può in alcun modo avere al proprio interno la Uoc Direzione Medica di Presidio. È una contraddizione in termini e un errore marchiano che solo chi non conosce la storia delle professioni sanitarie in Italia poteva compiere.
Resti pure il Dipartimento delle Professioni, che va sostenuto ma senza la Direzione di Presidio all’interno. Del resto se questa scelta non l’ha fatta nessuno in Italia, ci sarà un perché.
In ultimo va accennato a una certa miopia della Regione Marche che nell’atto di indirizzo ha ordinato alle aziende di non aumentare in alcun modo il numero di unità operative complesse, unità operative semplici e semplici dipartimentali già attribuite nell’assetto ex Asur. La normativa vigente sicuramente pone dei limiti al numero delle unità operative ma in un contesto regionale e non certamente aziendale. L’indicazione di mantenere lo stesso numero massimo di Unità Operative presenti per ogni ex Area Vasta è chiaramente frutto della politica conservatrice che non vuol far recuperare il terreno perso da alcuni territori in ambito sanitario, rispetto ad altri politicamente più forti e meglio rappresentati.
Fermo e provincia avrebbero invece il sacrosanto diritto, la predisposizione dell’atto programmatorio era il momento giusto per farlo, di esigere la restituzione di quanto dovuto rispetto a chi ha goduto di trattamenti di favore sotto l’aspetto finanziario, di risorse umane e tecnologiche e di prestigio. Si potrebbe ancora recuperare il gap storico tra territori ma è necessario aiutare chi è più indietro dandogli la possibilità di investire in nuove unità operative complesse e semplici magari sottraendole a quei territori che ingiustamente ne hanno avute troppe in passato. Territori che mantengono al proprio interno due, tre o addirittura quattro ospedali perché hanno mai concretamente effettuato l’auspicata politica di razionalizzazione che invece Fermo ha subito anche per debolezza o troppa ed eccessiva sudditanza di alcuni direttori che si sono avvicendati negli anni. Queste sono solo alcune delle riflessioni che Cisl Fp consegna al dibattito interno sulla sanità del territorio fermano e ai sindaci, sperando che non si esaurisca solo sul futuro utilizzo dell’attuale Murri ma guardi avanti con ambizione per porre le basi ad una vera svolta nell’offerta sociosanitaria che il Fermano attende da tempo. Occhio quindi a non guardare il dito e perdere di vista la luna».
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