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Sensûcht, la malattia del “sentimento”

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Sensûcht, la malattia del “sentimento”

“…per un attimo d’estasi/scrigni pieni di lacrime”  –  E. Dickinson

Essere sensibili non è una colpa, ma un castigo divino. La persona sensibile percepisce ogni vibrazione, intercetta ogni emozione, preavverte degli eventi l’accadere. Al pari di una sonda rabdomantica, immerso in un flusso di coscienza senza inizio né fine, scandagli il cuore del mondo, cogliendone ogni sfumatura, sia positiva, sia negativa.

Uno sguardo può ucciderti, o spalancare le porte dell’Infinito. Il ribollire del sangue sottopelle diventa inchiostro  gettato sulla carta, colori  schizzati sulla tela, note che fendono il pentagramma, per potersi liberare dei fantasmi che ti artigliano la vita, te la strappano a brandelli: se non vengono messi a nudo, se non gli sono dati voce, significato, interpretazione. Come in un caleidoscopio, la rappresentazione del mondo si sfalda in mille rivoli, mille finestre si aprono sull’invisibile: dove tu già sai ciò che ti ferirà, e ciò che ti porterà al sommo della gioia: rifrazioni che possono anche avere un’unica scaturigine.

Ma molte più sono le lacrime dei sorrisi. Dicevamo, solo dando un volto a queste premonizioni, simili a cifre oracolari, si riesce in qualche misura a imbrigliarne l’empito, quasi sempre tracimante, distruttivo. Voci inaudite, la cui eco rompe nella immaginazione, ombre radenti nella tenebra, albe radiose oltre il velo dei tramonti: il prezzo da pagare per un peccato “originale”, essere diverso per diversamente essere, per captare la doglia dell’universo, o giocare a nascondersi nei meandri più segreti dell’anima. Per imprimere un’orma su questa “palla di cera”. La sensibilità è una ferita impressa a fuoco, croce e delizia degli eletti.

 

* giudice


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