di Matteo Achilli
Sisma, Pandemia, conflitto Russia-Ucraina, quindi l’inflazione ed ora potrebbero arrivare i dazi dagli Usa a mettere in difficoltà l’industria italiana. Il nostro paese infatti, vende negli Stati Uniti oltre un quinto dell’export extra europeo. Tante anche le aziende fermane che hanno buon mercato negli Usa, soprattutto in settori come quello tessile o agroalimentare, che rappresentano le eccellenze del nostro territorio. Le associazioni di categoria stanno osservando con attenzione lo sviluppo della situazione, cercando di fare chiarezza ed evitare allarmismi precoci.
«Quello dei dazi – dichiara Andrea Caranfa, direttore della Cna di Fermo – è un discorso ampio. Alla luce delle dichiarazioni riportate dalla stampa, sembrerebbe che Trump possa evitare dazi all’Italia, questo ci permette di essere cautamente ottimisti. Ovviamente se così non fosse, i dazi applicati a ferro e acciaio inciderebbero del 20% sui costi di produzione e dunque aumenterebbero anche i prezzi finali per i consumatori. Andando ad influire su molti settori, dall’agroalimentare all’automotive, passando anche per la moda. Elementi che potrebbero portare quindi a problemi occupazionali, aumento della richiesta di accesso a cassa integrazione e problemi sociali. La nostra speranza ovviamente è che ciò non accada, purtroppo questa è una situazione che si andrebbe a sommare a quelle che stanno già vivendo le aziende del nostro territorio. Dopo aver sofferto a causa del sisma, della pandemia, ma anche dell’attuale inflazione. Il conflitto tra Russia ed Ucraina ha aggravato la situazione un pò tutti i settori, specialmente quello tessile, così come il termine dei vari bonus andrà a rallentare l’edilizia».
«Come Cna a livello nazionale – aggiunge Caranfa – siamo in contatto con il Governo e seguiamo l’evolversi di questa situazione. Credo che in un momento come questo dobbiamo compattarci con le varie associazioni ed istituzioni per preservare le nostre eccellenze e soprattutto l’occupazione. Se i dazi saranno confermati, dovremo poi cercare di studiare nuovi mercati e creare nuove occasioni per i nostri associati».
Cauto anche Lorenzo Totò, presidente della Confartigianato di Fermo: «Già in passato erano stati introdotti alcuni dazi, che non hanno condizionato in maniera importante il nostro export. Ricordiamo che noi esportiamo negli Usa prodotti di alta qualità e non prodotti a basso costo sui quali l’incidenza nel prezzo finale dei dazi sarebbe maggiore. Ovviamente quello dei dazi sarebbe un problema, non dico il contrario, ma penso che per i nostri settori sia stato più lesivo il conflitto tra Russia ed Ucraina. Proprio su questo tema vedo maggior voglia di giungere ad una pace e questo sarebbe molto importante, soprattutto per il settore moda. Una maggiore stabilità a livello geopolitico avrebbe un impatto positivo anche sull’economia. Come Confartigianato monitoriamo la situazione e attenzioneremo il Governo affinché non si faccia trovare impreparato. Sempre tornando al conflitto tra Ucraina e Russia, sono state introdotte sanzioni giustamente verso la Russia, senza però prevedere misure adeguate per reggere il contraccolpo economico per la nostra manifattura, tra le prime al mondo».
«Per le aziende fermane esiste la stessa preoccupazione di tutte le altre, nazionali ed europee, anche se l’eterogeneità e l’asincronia con cui verranno applicati rende difficile stimare l’impatto complessivo sull’economia. Per l’Italia si prefigurano considerevoli rischi ma credo anche opportunità in termini di quote di mercato potenzialmente liberate dal “decoupling” con la Cina. Per il Fermano poi bisogna vedere ciò che avverrà per il settore moda-calzature dove il mercato Usa è importante soprattutto per le grandi aziende – sottolinea Fabrizio Luciani, presidente di Confindustria Fermo – l’incertezza aumenta la preoccupazione degli imprenditori e blocca gli investimenti. Comunque ciò che si teme di più è di entrare in una “guerra commerciale”, con misure e contromisure che metterebbero a rischio gli scambi a livello internazionale».
«Le connessioni economiche Italia-Usa sono profonde, gli Usa sono la prima destinazione extra -Ue dell’export italiano e la prima per investimenti diretti all’estero. Nel 2024 l’Italia ha venduto negli Usa 65 miliardi di beni, contraendo un surplus di quasi 39 miliardi. Gli investimenti diretti ammontano a quasi 5 miliardi (il 27% del nostro totale). Gli Usa investono da noi 1,5 miliardi. Le multinazionali Usa presenti in Italia sono le prime per numero di occupati, 350.000 nel 2023, da poco presenti anche nel Fermano con circa 200 dipendenti. Come Italia acquistiamo gas naturale dagli Usa, per sostituire le forniture della Russia, in generale noi dipendiamo meno dall’import Usa. Ritengo che le “guerre commerciali” non producano effetti positivi per nessuno e, quindi, occorrerà trattare sulla base dei dati sopra esposti. L’applicazione di dazi differenziati tra paesi, potenzialmente anche tra quelli Ue, pone gli Usa in una posizione di forza e questo elemento rappresenta una criticità per la politica commerciale comune dell’Europa – conclude Luciani – gli imprenditori da tempo stanno subendo scelte politiche spesso non condivise; anche in questo caso la politica dovrà interrogarsi e fare delle scelte. Speriamo vadano nella direzione giusta».
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