Omicidio nel carcere di Fermo,
assolto il 26enne settempedano.
Dopo la sentenza corre a dirlo ai genitori

CORTE D'ASSISE A MACERATA - La sentenza fatta nel giro di un'ora, anche il pm ha chiesto l'assoluzione. Per i giudici «Il fatto non sussiste». Prosciolto Zudi Jasharovski, la difesa: «Sì è accertata oltre ogni ragionevole dubbio l’innocenza dell’imputato»

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Al centro Zudi Jasharovski tra gli avvocati Marielvia Valeri e Vando Scheggia

 

di Gianluca Ginella

Ha stretto la mano ai suoi avvocati, ha fatto un forte respiro ed è corso ad avvisare i genitori. «Mi hanno assolto» è probabile che abbia detto oggi verso le 13,40 il 26enne Zudi Jasharovski, settempedano, dopo che pochi minuti prima la Corte d’assise di Macerata lo ha assolto «perché il fatto non sussiste».

L’accusa era quella di omicidio preterintenzionale di un compagno di cella nel carcere di Fermo, Lorenzo Rosati, viterbese, 50 anni. Il 28 maggio del 2021, sosteneva l’accusa (pm Alessandro Pazzaglia), Jasharovski avrebbe ucciso il compagno di cella pestandolo e causandogli la rottura della milza. Oggi l’accusa ha chiesto l’assoluzione con formula piena, specialmente perché non sarebbe stato ritenuto credibile il compagno di cella dell’imputato e di Rosati, che diceva di aver assistito al pestaggio. Già nel corso delle indagini c’era stata la richiesta di archiviazione con opposizione dei familiari di Rosati, assistiti dagli avvocati Marco Murru e Marco Melappioni, e accolta dal Gip: da qui il processo in cui i famigliari si erano costituiti parte civile.

Ad assistere Jasharovski sono gli avvocati Vando Scheggia e Marielvia Valeri. È stato Scheggia a concludere le arringhe dei difensori. «Sì è accertata – ha detto l’avvocato Scheggia – oltre ogni ragionevole dubbio l’innocenza dell’imputato» e dopo questa introduzione ha poi puntualizzato su alcuni aspetti emersi tra processo e indagini. «Come è morto Rosati? I medici legali non sono concordi sul pugno ma il testimone che accusa il nostro assistito non dice che gli ha dato questi cinque punti, dice che ha dato pugni per 25 minuti – ha detto Scheggia nel corso dell’arringa -. Non saranno stati 25 minuti di pugni ininterrotti, però se è vero che è stato aggredito e colpito per 25 minuti con dei pugni, con le dovute pause, ne avrà presi quanti? Una cinquantina? Nell’autopsia si parla di un pugno, forse due o tre. Poi i pugni sono andati tutti sullo stesso punto? Perché se qualche colpo fosse andato da altre parti del corpo si sarebbe dovuto notare. Diciamo che è una sorta di prova logica: se si parla di aggressione durata 25 minuti, quindi decine di pugni, io credo che il corpo di Rosati sul tavolo dell’obitorio per l’autopsia doveva essere completamente pieno di segni. Quindi non è conciliabile il racconto con quanto emerso dall’autopsia. I pugni non ci sono stati». Per la difesa, come sostenuto sin dall’inizio, Rosati è morto per una caduta. Poi Scheggia ha parlato di una seconda circostanza. «Secondo un testimone, quando Rosati si è sentito male si sono sentite queste parole: “Aiuto sto per morire”. Arriva il medico, intanto i compagni gli danno una merendina per tirarlo su, e di solito il medico cosa dice? Dice: “Cosa è successo? Perché fai così? Che hai fatto?”. Sfido chiunque a dire che un medico non chieda ad un paziente “Cosa è successo?”. Rosati non dice niente. Ammesso che il primo tempo di questa vicenda medica sia andata così perché Rosati aveva paura a dire cosa fosse successo al medico del carcere, c’è però il secondo tempo al pronto soccorso. Il medico del Pronto soccorso che fa? Gli chiede “Che ti è successo?”. Ma Rosati – prosegue Scheggia – non ha riferito di botte nemmeno con lui».

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Gli avvocati Marco Murru e Marco Melappioni

E ha concluso: «Oltre queste evidenze, a mio parere di più ci potrebbe essere solo una prova documentale, ossia avere un documento che attesti che i pugni non ci sono stati». Secondo la difesa il testimone che aveva riferito del pestaggio non era credibile e «dopo aver detto quella cosa la prima volta ha continuato a dirlo, smentendo se stesso». La Corte d’assise di Macerata, presieduta dal giudice Domenico Potetti, ha fatto la sentenza nel giro di circa un’ora: assoluzione piena per Jasharovski che poi è subito corso a telefonare ai genitori.

«C’è delusione per il risultato, le sentenze si rispettano ma non le condividiamo – dice l’avvocato Melappioni dopo la sentenza -. Attendiamo le motivazioni per vedere come i giudici hanno interpretato le relazione dei medici legali Roberto Scendoni e Giuseppe Sciarra, che hanno ritenuto ci fosse compatibilità con aggressione con un calcio e un pugno e le lesioni riportate da Rosati. Leggiamo le motivazioni e vediamo il da farsi, per noi non c’è stata nessuna caduta che ha causato la morte di Rosati».

 


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