di Giuseppe Fedeli *
Se è vero che l’albero si riconoscerà dai frutti…(il lancio di Zoe, l’influencer parto dell’Intelligenza Artificiale) “Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”- Esodo 32:1.Nome: Zoe De Biasi.
Sportiva, di algida avvenenza, con progetti a impatto sociale, è una influencer. Connotati: non è reale, è fatta con l’Intelligenza Artificiale. Una campagna sulla stampa cartacea ti invita a seguirla su Instagram.
McFIT non si limita a innovare nel fitness, ma punta anche a un impegno concreto nel sociale. Zoe De Biasi avrà un ruolo attivo in progetti di Corporate Social Responsibility (CSR), collaborando con partner e associazioni per sviluppare iniziative di forte impatto. I ricavi generati dai contenuti creati verranno interamente destinati a cause benefiche, rendendo l’Ambassador non solo un’icona digitale del fitness, ma anche una portavoce di cambiamento positivo etc etc.
L’operazione è, appunto, ideata per le palestre McFit, e se ne fa un gran parlare. I narratori à la page dicono «Zoe non ha una storia». Gli opinion maker di maggior credito si domandano che senso abbia una campagna sulla stampa cartacea per un’operazione social. Ribattono gli spoiler: non avete capito un bel niente, non è un’operazione social (che in ambito pubblicitario sono solo una bolla)! La solita babele delle lingue, il solito futile, fastidioso chiacchiericcio. Basta che se ne parli. Scendiamo dalle nuvole (è proprio il caso di dirlo): Zoe sarà un problema? Un modello irraggiungibile di emulazione, che avrà effetti devastanti sui giovani utenti dei social?. La catena di montaggio si “arricchisce” di un anello: coitus NON interruptus. Con l’A.I., la realtà sbarca sulla luna. D’altronde, l’etimologia di “desiderio” la dice lunga: de-sideribus (ove il latino “sidera” vuol dire stelle). Zoe è il ni-ente assoluto in cui prende corpo l’utopia del III Millennio, la filosofia del virtuale come non-essere. Zoe rappresenta il nichilismo di una società sempre più alienata, schiava del consumo ossessivo di sé stessa. Il sistema binario, su cui si basano anche gli algoritmi dell’A.I., l’on/off della mente convergente, primo nucleo della logica, ha come sfondo (e come prezzo del suo sviluppo) l’autofagia, l’uroboro (il serpente che si morde la coda, in una circolarità senza fine). Il “vitello d’oro” tradisce un mondo, orfano di dèi. Il male vero, dico io, è la crescita esponenziale di questo vuoto ontologico (il mio non è un linguaggio esoterico, dacché i grandi brand hanno al timone cervelli pensanti che ragionano di filosofia), che andrà di pari passo al progredire (regredire, pardon…) della Storia. L’immaginazione non è più al potere.
PS Che ne sarà degli umani, e, sopra tutto, di noi “boomer”
* giudice
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