di Giuseppe Fedeli *
Dietro al sorriso…
“Per ogni risata, ci dovrebbe essere una lacrima.”- Walt Disney
Est quaedam flere voluptas (v’è un piacere nel piangere), motto coniato da Publio Ovidio Nasone, cui fa da controcanto l’arcinoto “risus abundat in ore stultorum” (gli stupidi ridono sempre). Modi di dire che fanno riferimento a modalità espressive, che abitano le profondità dell’io, variegandosi di mille sfaccettature; usando un linguaggio più accessibile, non sempre si piange perché si è afflitti, e non è scontato che si rida perché si è contenti.
La letteratura e la filosofia si sono soffermate doviziosamente su questi aspetti dell’essere, profondamente radicate in quell’esserci (dasein), caro alla terminologia e alla visione del mondo heideggeriana. Plessner, uno dei fondatori dell’antropologia filosofica contemporanea, prende in considerazione i vari motivi che possono condurre al riso, quindi la gioia, la comicità, il motto di spirito, il gioco, l’imbarazzo e la disperazione; e quelli che portano al pianto, ovvero la tristezza, la malinconia, la disperazione, la nostalgia, la rabbia, l’ira e l’ostinazione: e non solo. In modi molteplici si declinano, infatti, il riso e il pianto. Piangiamo al “sì” davanti all’altare, per poi, sul sagrato, ridere tempestati di…riso! Non a caso, si dà l’addio a una persona cara nelle lacrime: che, talvolta, trasformano i lineamenti del viso, sì da farlo contrarre in una smorfia di riso*. Rivediamo un amico, una persona cara, e l’abbracciamo, piangendo per la gioia, così come la tristezza senza vie d’uscita, a volte, sfocia in un sorriso disperato, di autocommiserazione. E piangiamo lacrime di gioia, quando conquistiamo l’agognato trofeo. Si piange, e nel pianto si nasconde un sorriso; e si ride, lasciando che le lacrime sgorghino, fluviali, benedicenti. Riso e pianto sono liberanti, rivelano, sovente, il desiderio di uscire da una situazione di insostenibile clausura, per una metamorfosi momentanea, ma salvifica. Tutti i grandi spiriti, dietro un sorriso, nascondono laceranti malinconie, che quelli possono lenire, solo ridendo di sé: “Amo camminare sotto la pioggia, perché nessuno può vedere le mie lacrime. La vera felicità è qualcosa di molto vicino alla tristezza” (Charlie Chaplin).
* giudice
* Il fenomeno, noto come “sincinesia”, indica il movimento involontario di una parte del corpo quando se ne muove volontariamente un’altra. Esso può manifestarsi con la stimolazione involontaria della produzione di lacrime in concomitanza all’attivazione dei muscoli usati per ridere.
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