«Cerchiamo di vivere il mistero pasquale nella quotidianità della vita» Gli auguri dell’arcivescovo Pennacchio

LA LETTERA di auguri pasquali dell'arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, ai fedeli

L’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio

La lettera di auguri pasquali dell’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, ai fedeli

«Carissimi fedeli,

in occasione del Triduo pasquale, giunga a tutti voi il mio augurio di Pasqua. 

Ho preferito, quest’anno, farlo nella ricorrenza del Giovedì santo perché il Triduo è un’unica, grande e inscindibile celebrazione con al centro la passione, morte e risurrezione di Gesù. Anche liturgicamente, la Messa detta in coena Domini, la Passione del Signore del venerdì e la Veglia Pasquale sono un tutt’uno. Il celebrante, infatti, darà il saluto iniziale alla Messa in coena Domini e la benedizione finale solo al termine della grande Veglia. Proprio nella madre di tutte le veglie cogliamo l’unità del Mistero; in essa, infatti, oltre ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, si torna a celebrare l’Eucaristia, assente il venerdì e il sabato santo.

Insieme alla domenica delle Palme, i giorni del Triduo vedono una grande partecipazione del popolo di Dio, alimentata nei secoli anche da tante pie pratiche, prime fra tutti la Via crucis. La partecipazione alla liturgia e i riti della Settimana santa favoriscono e alimentano la fede, con simbolismi efficaci ad esprimere le realtà che significano. In questi giorni particolari, unici, lasciamoci interpellare dalla Parola e dalla preghiera della Chiesa per entrare con sempre maggiore consapevolezza nella grandezza del mistero pasquale.

Ai miei auguri, aggiungerei due esortazioni. 

La prima: non perdiamo di vista l’unità del mistero che celebriamo. La passione e la morte di Gesù sono inscindibili dalla sua risurrezione, che è il senso della stessa incarnazione; se abbiamo sperato in Cristo solo in questa vita siamo da compiangere più di tutti, ci ricorda S. Paolo (1Cor 15,19); cresciamo sempre più nella comprensione della sua risurrezione e del significato per la nostra vita, anche approfittando dei cinquanta giorni del tempo pasquale che, fino a Pentecoste, accompagna e sostiene la vita dei risorti. 

La seconda: cerchiamo di vivere il mistero pasquale nella quotidianità della vita. Se la morte e la risurrezione di Gesù scaturiscono dal suo amore donato fino alla fine, il segno più eloquente di una vita risorta sarà ricevere, donare e testimoniare, contro ogni egoismo, questo amore oblativo. Non dimentichiamo quei luoghi e quelle persone che non possono celebrare liturgicamente ma che vivono nella loro carne la Pasqua del Signore, gli ammalati e i familiari dediti alla loro assistenza, persone detenute, anziani soli… Ogni segno di carità è speranza concreta e affidabile, come ci ricorda papa Francesco nella bolla di indizione dell’Anno Santo: “La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce” (Spes non confundit, n. 3).

Con questi sentimenti Vi benedico di cuore augurando a tutti serene festività pasquali. Cristo, immolato per noi, è veramente risorto!»

 

 


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