«Che sia una Pasqua nuova!»

LA RIFLESSIONE di Giuseppe Fedeli

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Che sia una Pasqua nuova! 

Uscire dalla Messa di Pasqua, e tendere la mano a un derelitto, guardandolo in fondo all’oceano della sua dignitosa disperazione. Uscire di chiesa e, sul sagrato, non voltarsi di proposito per evitare di incrociare chi “non ha parole”, o chi non segue i canoni della buona società. Gesti che farebbero della festività in cui si compendia il messaggio di Cristo una Pasqua diversa. Non è un caso che il termine “Pesach” deriva dal verbo ebraico Pasoah, che significa “passare oltre”.

Gesti che non costano poi così tanto: senza un operare concreto, nel senso dello spendersi a favore del prossimo, la spiritualità non ha senso, non si invera nella sua essenza. Qual è stata la pedagogia del Figlio di Dio? Parole incise come punta di diamante sulla dura pietra dei giorni, affilate come spade e dolci come miele. Parole cui seguivano gesti. Gesti che, però, non duravano un giorno soltanto, ma tutta la settimana, tutto il mese, tutto l’anno. E tutto il tempo che all’Unto di Dio restava ancora da vivere su questa terra. Troppo facile andare a Messa, per aggiudicarsi uno dopo l’altro ticket per il paradiso. Troppo facile andarsi a mondare de “le peccata”, e poi tornare alla vita di tutti i giorni, come prima, più di prima. Sa di melassa baciapile innamorarsi del Cristo, della sua Passione, morte e Resurrezione, e non mettere in pratica neppure la miliardesima parte di quello che fece il Risorto. Il cui insegnamento vale anche per i miscredenti, gli agnostici, il cui donarsi a chi è in difficoltà è assai più meritorio di chi crede di credere. Di chi crede che battersi il petto seduti al primo banco valga santità, non importa se poi ci si rifugia nelle proprie comode certezze. 

Mi rendo conto che non è facile mettere in pratica questi proponimenti, ma è l’atteggiamento di disponibilità e ascolto del prossimo che, solo, può inaugurare un nuovo umanesimo. 

* giudice


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