“L’odio non ha vinto: 1975-2025. Sergio Ramelli vive” Striscione di Gioventù nazionale

FERMO - Striscione affisso in queste ore ai maxi parcheggi di Fermo, e firmato Gioventù nazionale Fermo

“L’odio non ha vinto: 1975-2025. Sergio Ramelli vive”. Questa la scritta che compare in uno striscione affisso in queste ore ai maxi parcheggi di Fermo. Firmato Gioventù nazionale Fermo.

Ed è proprio GN a spiegare le ragioni dell’affissione: «Il 29 aprile di 50 anni fa, a soli 18 anni, Sergio Ramelli, studente dell’Istituto Tecnico Molinari di Milano, moriva in ospedale dopo 47 giorni di agonia. Il 13 marzo 1975, un commando composto da 8 persone, gli aveva inflitto la sentenza di morte riservata ai ragazzi di destra di quel tempo. Colpi di chiavi inglesi in testa fino a sfinirlo, sotto casa, mentre legava il suo motorino, come ogni giorno, all’ora di pranzo. Sergio era un militante del Fronte della Gioventù e la sua storia rappresenta un unicum di persecuzione, nella pur tragica cornice degli anni di piombo. A lui toccò in sorte un autentico e lungo calvario, cominciato nella scuola che frequentava, da quando gli antifascisti militanti avevano saputo di un suo tema critico delle Brigate Rosse. Da quel momento fu l’inferno: prelevato in più occasioni dalla classe, malmenato davanti a tutti, fu costretto a cambiare scuola. Non bastò. Continuarono le minacce dei fanatici, con scritte sotto casa e chiamate anonime. Non poteva prevedere che qualcuno avrebbe davvero ucciso chi non aveva fatto altro che esprimere pacificamente le sue idee. Sergio era bravo a scuola, e non aveva mai fatto del male a nessuno. Sergio giocava a calcio, tifava l’Inter, andava in motorino, amava una ragazza di nome Flavia, e sognava un’Italia migliore, libera dalle gabbie ideologiche di chi non ammette opinioni diverse dalle proprie: un’Italia libera dall’intolleranza. Chi lo uccise, spaccandogli la testa sotto casa in nome dell’odio, è stato sconfitto dalla storia. Sergio, invece, è vivo, e le sue idee, i suoi sogni, le sue speranze, camminano ancora sulle gambe di migliaia di ragazze e ragazzi che non hanno dimenticato, e mantengono accesa la fiaccola».

 


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